Il Professore

Come ogni mattina entro nella stanza, sempre con quella aria da prete. Era alto, magro, pallido e con una presenza di cui si prendeva molta cura, e teneva anche conto, di cosa si poteva dire o pensare di lui.

Capelli perfettamente allineati, cravatta stretta, che sistemava in continuazione, quasi come una malattia.

Faceva lo stesso con i suoi occhiali, che puliva in modo frenetico, giacche con quelli controllava tutto in torno e riusciva con grande abilità, a sapere cosa stesse accadendo alle sue spalle.

Si siede in perfetta posizione e lascia sotto la sua scrivania, la cartella di cui non faceva mai a meno, chissà per qualche strano motivo...

Controlla che tutto fosse in perfetto ordine, come lui aveva lasciato nella giornata precedente, incluso il cestino della carta.

Dopo pochi minuti inizia il suo lavoro, controllando non solo il suo, ma anche quello che facevano tutti quelli nella stanza. Incredibilmente, niente sfuggiva alla sua attenzione né alla sua memoria. Sapeva perfettamente i nominativi e i numeri di telefono, delle persone da contattare in quella giornata, come erano vestiti ognuno di quelli che erano in torno e se qualcuno usava per la seconda volta, la stessa pettinatura o le stesse scarpe.

Sempre la risposta giusta, al momento giusto, sempre trovava il modo di sistemare le cose pur di non restare in una posizione sbagliata e scappare in ogni situazione, della parte giusta.

Gli piaceva far finta di telefonare o di essere molto impegnato, mentre non c’era parola che scappasse al suo udito. Adulava e criticava senza guardare mai in faccia nessuno.

Per darsi un’aria importante, parlava con termini molto colti, provocando stupore in chi lo ascoltava.

Ogni tanto, spariva ed al suo ritorno, controllava che tutto fosse nell’esatta posizione e pure lasciava ogni tanto, qualche “esca”, cosi c’era un motivo per discutere.

Quella mattina il telefono sulla sua scrivania squillo e una voce nervosa e singhiozzante gli fece sapere, che l’avventura di qualche sera prima, non era andata come pensava e questo era un grosso problema.

Nervosamente, comincio a guardarsi in torno, il suo viso era diventato ancora più pallido e un sudore freddo le percorse lungo la schiena.

In un solo ma interminabile minuto, la vita passava davanti ai suoi occhi, e lui stava lì ad assistere impietrito e senza fiato.

Uscí dalla stanza e si chiuse in bagno, le sue mani tremavano, i suoi occhiali erano appannati, la sua cravatta non gli permetteva di respirare.

Questa volta, non era possibile trovare una via di uscita, questa volta era davvero nei guai. Come spiegare alla mamma tutta questa situazione?

Alcuni minuti dopo, rientrò e facendo finta di niente, cercò invano di scherzare, ma la sua voce era diventata roca.

Il resto della giornata fu diverso, la sua mente, non faceva altro che ricordare più volte, ogni parola della telefonata, senza dargli tregua.

Di ritorno a casa, ricordava gli anni passati in quell’ufficio, ognuna delle giornate e le cose, che era stato capace di fare, pur di essere gradito a chi comandava.

Figlio di un calzolaio ed una maestra, da sempre si era vantato di essere una persona seria, preparata, di portare avanti una vita, da poter essere presa come modello da seguire.

La sua infanzia era trascorsa in compagnia di suo fratello minore e sotto la grande influenza di sua madre, molto esigente e punitiva, che non solo aveva segnato il suo modo di essere, ma era anche una persona, di cui non riusciva a fare a meno e nonostante i suoi quarant’anni, vivevano ancora insieme con lei.

Per anni aveva lavorato in una grande azienda, di cui andava molto fiero, che fallí in modo molto sofferto e con una lunga agonia. Questo non era una cosa che lui avrebbe potuto dimenticare facilmente, anzi ogni volta che era possibile, faceva dei confronti con la sua attuale occupazione. Proprio in quel periodo di disoccupazione aveva iniziato ad insegnare a dei corsi serali, presso una scuola di monaci, non era un granché, ma gli permetteva di guadagnare qualcosa in più e allo stesso tempo uscire un po’ da casa.

Da sempre, era stato una persona solitaria, senza amici e poche uscite, ma il destino gli permise di conoscere una ragazza, una come lui e sopratutto, come piaceva a sua madre.

Fu in uno dei primi incontri, che loro due, presi non solo dalla passione, ma anche da tanti anni di solitudine e di lotta interiore, si sfogarono in modo quasi brutale e senza misure.

Non si sentiva sicuro di voler affrontare questa realtà, conosceva appena quella ragazza, era molto simpatica, ma decisamente non era il suo tipo. Tra l’altro non aveva in mente un cambio così radicale di vita, sposarsi, farsi carico da’ una famiglia.

Senz'altro, sotto la protezione di sua madre la vita era tranquilla, senza grosse responsabilità né faccende domestiche. Lavorando in due posti diversi, riusciva a mettere qualcosa da parte e cosi poteva togliersi degli sfizi, non voleva rinunciare a quella vita.

Passarono pochi giorni, e si rese conto che non poteva continuare ad andare avanti in questo modo e decise di mollare, dopo tutto già era una persona adulta ed era arrivata l’ora di assumersi delle responsabilità.

Parlò con lei e insieme decisero di portare avanti la situazione, ma a patto che in un futuro non molto lontano sarebbe stato necessario sposarsi.

Dà altro canto, lui fece tutto il possibile per mantenere lei alla larga della sua casa, finché trovasse il modo di affrontare sua madre.

E pure mancava una cosa importante, lei non dovrebbe mai sapere del suo passato né le cose che lui aveva fatto, pur di compiacere i desideri de suoi superiori nell’ufficio dove lavorava.

Quell’ufficio era comandato da una donna, ma non una qualsiasi, una donna che sapeva bene mantenere tutto sotto controllo, che non conosceva limiti pur di soddisfare la sua ambizione. Quella donna che tutti chiamavano “La Signora”.

Lei, aveva guadagnato il suo posto, sapendo utilizzare l’arte della seduzione, chiaramente, in quel momento era molto più giovane, e non aveva troppi pregiudizi né rivali che potevano farle ombra, in poche parole: niente da perdere.

In poco tempo passò da essere una semplice assistente a diventare il braccio destro del “grande capo” e da lì in poi, niente poteva fermarla e nemmeno lei stessa avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivata cosí lontano, non solo nella sua ambizione di potere, ma anche nel modo di esercitarla.

Poco a poco, fù prendendo la mano di ciò che sarebbe stato: la persona più rispettata e temuta e anche i privilegi che questo significava, tra l’altro aveva “carta bianca” per le sue decisioni e nessuno poteva azzardarsi ad alzare una voce contro, nemmeno smentirla.

Con grande sapienza, fu tesseva la sua rete: aveva le sue “spie” e i sui “gregari ossequenti” in ogni settore, gente che si accontentava di briciole di potere o semplicemente si sentiva protetta sotto il suo dominio.

Furono questi ultimi, che le permisero di accrescere il suo potere, liberare la strada da ogni ostacolo che si presentava, e lei fu “generosa” con quelli che a suo giudizio collaboravano di più, premiandoli con qualche privilegio.

Dal momento che lui era stato uno dei suoi collaboratori, decise di parlare della sua situazione, aveva bisogno di prendere un po’ di distanza. Era un po’ di tempo che non si prendeva le sue vacanze e tra l’altro un bel viaggio poteva servire ad ordinare le idee. In un certo senso sentiva di avere qualcosa da prendere in cambio delle sue “prestazioni” e gli chiese allora un permesso speciale ed anche un aiuto.

Si recò preso un’agenzia, e trovò per caso una bell’occasione, un viaggio oltre confine per qualche giorno con partenza quello stesso fine di settimana, verso l’Italia, più precisamente verso sud. Non era uno di quei viaggi tradizionali, ma una gita più che altro culturale, visitando molti siti ed oltre tutto un’importante mostra di pittura impressionista, cosa che a lui da sempre era piaciuto tantissimo. A casa sua teneva molti libri su quest’argomento e incluso qualche riproduzione, che era diventata la sua passione. Insomma niente di meglio per calmare la sua ansia.

Torno a casa euforico, ed inizio subito a preparare tutto per la sua partenza, senza dare troppe spiegazioni e incluso inventando una storia di un premio vinto, pur di calmare sua madre.

Il viaggio fu molto calmo, un paio di ore in aereo e finalmente era arrivato alla terra dei suoi antenati.

Da Roma prese un treno verso sud che lo portò fino a Lecce, quasi dove finiva l’Italia, per percorrere quella splendida città barocca. Dopo di che, iniziò a risalire verso nord, passando per la città di Barletta dove si teneva quella importante mostra, che per lui significava il punto centrale del suo viaggio.

Arrivò di mattina e dopo aver fatto un giro per il centro storico, andò a mangiare qualcosa in una tavola calda che trovò in zona. In quel posto, chiese qualche informazione, dopo di che si avviò verso il Palazzo Marra, sede dell’importante mostra pittorica impressionista del pittore De Nittis.

Poiché, aveva comprato il pacchetto che includeva il biglietto d’ingresso, non fu necessario fare la coda, c’erano troppe persone alla porta, perciò in pochi minuti era gia dentro. Iniziò a percorrere tranquillamente i corridoi, fermandosi per qualche minuto davanti ad ognuna delle opere, molte dei quali conosceva già attraverso i suoi libri, ma vederli così in diretta lo sconvolse.

In una delle stanze c’era un’opera molto apprezzata, e proprio in quella stanza cerano parecchie persone, che ascoltavano con attenzione una guida, che in quel momento spiegava tutte le caratteristiche del quadro.

A lui non piacevano affatto le stanze affollate, perciò, evitò di entrare, ma vedendo che al posto di uscire, ogni volta era più gente che entrava, decise di infilarsi pure lui.

Tentò per alcuni minuti di avvicinarsi, ma lo disturbava il contatto fisico con i presenti, per questo restò in dietro. Fu allora, che girandosi, vide dalla parte opposta della sala un quadro che lo colpì profondamente.

Si trattava di un’opera che non aveva mai visto, apparteneva a un altro pittore è ritraeva una giovane donna in compagnia di un piccolo fanciullo, la scena era molto realistica.

Lui si fermò, ed iniziò a fissarla nei minimi dettagli, e proprio mentre la guardava, qualcosa dentro di sé, lo spinse a reagire in modo molto violento, qualcosa che lui stesso non riusciva mai a capire. Lui non guardava in torno, era accecato dalla rabbia, esplosa così all’improvviso.

Fu soltanto un attimo, pochissimi secondi, che, però sembrarono interminabili, come se il tempo si muovesse a rallentatore.

Iniziò a sudare e si allontano dalla folla, qualcosa dentro di sé, gli diceva che doveva appropriarsi di quell’opera, piuttosto doveva farla sparire.

Mancavano ancora un paio di ore alla chiusura della mostra e lui cominciò a gironzolare per i corridoi, facendo finta di niente. In un momento provò ad uscire, ma non fu possibile, la sua rabbia non gli permetteva di lasciare quel posto senza compiere la sua vendetta.

Passavano i minuti e man mano, diminuiva la quantità di gente, allora seppe che era arrivato il suo momento. E, mentre tutti si avviavano verso l’uscita, lui facendo finta di andare verso i servizi, si infilò di corsa in quella stanza, varcò il limite di sicurezza e con grande forza, infilò le dita dentro il telaio che reggeva la tela, strappandola, la piegò e la mise sotto i suoi abiti. Poi uscì in tutta fretta.

Sembrava che nessuno se ne fosse accorto di quanto era accaduto, adesso non vedeva l’ora di finire con quella follia.

Iniziò a girare nervosamente per le stradine e i dintorni, cercando un posto per disfarsi di quell’opera, ma finché non trovava niente che lo convincesse veramente, pensò che fosse meglio attendere il buio. Tra l’altro, l’orario di partenza del suo treno era a mezza notte.

Alla fine, decise di andare in una trattoria che trovò per caso e si mise seduto a un tavolo, forse quel posto sarebbe stato giusto per poter pensare con un po’ di calma e allo stesso tempo, cercare di non farsi notare troppo.

C’erano alcune persone in quel locale, in un tavolo un po’ più in là, che gli sembravano volti conosciuti, forse erano alla mostra.

In un certo momento, qualcuno disse:

-. C'e stato un furto alla mostra, accendi la tv!

Lui diventò ancora più nervoso, tremava e sudava allo stesso tempo, si alzò e dirigendosi verso i servizi, sentì la sirena di una volante che passava per la zona.

Entrò in bagno, si chiuse in uno dei gabinetti ed aggiustò bene sotto i suoi abiti la tela col quadro. Poi si lavò la faccia con acqua fredda e uscì, facendo finta di niente. Andò verso la cassa, pagò il suo conto ed iniziò a camminare verso la stazione, con passo piuttosto veloce. A quest’ora non ci saranno troppe persone, pensò dentro di sé. Magari una volta dentro il treno avrebbe potuto buttare il suo “carico” nei servizi o disfarsi in qualche altro modo e così, nessuno verrebbe mai a sapere che era stato lui.

Fu in quel momento, che vide avvicinarsi due carabinieri che venivano camminando in senso opposto. In modo frettoloso attraverso la strada passando dall’altra parte, ma all’angolo vide che c'era una volante parcheggiata e dei poliziotti che stavano fermando delle persone e facendo richieste di documenti.

Spinto dal panico, iniziò a correre, e allora una voce molto decisa gli disse:

-. Fermo, non si muova!

Lui si fermò, era impietrito, sudava e respirava con grande difficoltà, allora capì, che per lui era finita.

-. Favorisca i documenti per cortesia!

Si girò e dietro di lui c’erano i due carabinieri che aveva appena incrociato. Non riusciva ad emettere manche una parola, le sue mani tremavano.

-. Sss… Si! Rispose e mettendo le mani dentro dalle sue tasche, cominciò a cercare nervosamente senza trovare nulla, finché uscì fuori il suo portafoglio, che scivolando dalle sue mani per il sudore, cadde per terra, facendo uscire l’intero contenuto.

-. Dove stava andando con tanta fretta?

Lui, resto nel suo mutismo, non tentò nemmeno di pronunciare una parola.

Allora uno di loro, facendolo appoggiare contro un muro a gambe aperte inizio a palpeggiarlo, e poco dopo disse:

-. Mi faccia vedere, cosa ha nascosto sotto i suoi abiti?

Lui iniziò a piangere, solo guardava il muro e tirò fuori il suo quadro piegato. Nel frattempo, erano giunti sul posto altri poliziotti e alcune persone guardavano da vicino.

Allora lui disse, con grande amarezza, in mezzo alle lacrime:

-. Lei ha rovinato la mia vita, Maledetta!

Queste furono le uniche parole che riuscì a pronunciare.

Poco dopo, aprii y suoi occhi, c’erano diverse persone in torno che lo guardavano, lui non capiva niente di quanto era accaduto.

Una giovane ragazza del servizio di assistenza del 118, era accanto che misurava la sua pressione, con lo stetoscopio al collo, che disse:

-. Si è ripreso. Fate largo per favore!

Allora, vide arrivare una barella e altre due ragazzi che volevano caricarlo su di essa.

Era ancora un po’ shoccato, non riusciva a parlare e cosi, lascio fare il suo lavoro ai suoi soccorritori. Ma dopo qualche minuto, disse:

-. Dove mi portate? Dove sono i poliziotti? Cosa sta succedendo?

La giovane ragazza gli disse:

-. Stia tranquillo, e tutto a posto, Lei ha avuto un malore, ma adesso faremo qualche accertamento e presto andrà a casa.

Cominciò a toccarsi il petto, a cercare il quadro, ma non c’era nulla e non ebbe il coraggio di chiedere a nessuno, su quanto era accaduto.

Dopo il viaggio in ospedale e qualche controllo ulteriore, gli fecero sapere che era già dimesso.

Uscì all’esterno e vide che il sole, stava lentamente scomparendo dietro le mura dei palazzi circondanti.

-. Ma, tutto questo è stato solo un incubo? Mamma mia!

E cosi, resto con lo sguardo perso nel nulla, mentre il buio di una sera di estate avvolgeva la città.

Scritto per: Pablo

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