A cena fuori

L’idea di cenare fuori non piaceva molto ad Augusto, però non aveva neanche voglia di tornare a casa, di rivedere sua sorella, di rituffarsi in quell’atmosfera da faida ereditaria che somigliava molto a una telenovela.


Si lasciò trascinare dalla situazione, nello smarrimento dei sensi ancora persi nei quadri che aveva finito di vedere, dall’incontro con Genny, dalla sua perenne voglia di essere altrove: ma dove?


Non voleva stare solo anche se poi insieme agli altri si metteva a recitare la parte dell’uomo invisibile.


Pensava alla sua casa milanese, e a tutte le volte che si era immaginato una abbuffata di sapori della sua terra: il morbido sciogliersi in bocca degli allevi e dei frutti di mare crudi, in particolare amava le piccole ostriche tonde, così diverse da quelle bretoni ellissoidali enormi ambasciatrici della grandeur francaise, che si trovavano fresche anche a Milano: chissà se a De Nittis le ostriche piacevano…..


Gironzolavano tutti e quattro per le strade del centro di Barletta, Augusto si era accodato a Giovanni, per prendere un po’ di distanza da Genny che stava inevitabilmente incollata a suo marito, quasi fosse una sua appendice corporea, quando Giovanni notò un’insegna


LA TRATTORIA DEL COLOSSO – PIATTI INDUSTRIALI


-Con la fame che abbiamo dopo una giornata così movimentata, ci vuole un posto così!- esclamò Giovanni.


-I piatti industriali li cucinano anche in via Zuretti a Milano, lì si mangia bene, io ci sto.


-Va bene anche per noi, disse Luca, abbiamo davvero fame.


Entrarono, il locale non era grande, una decina di tavoli in tutto, con tovaglie di cotone a quadri ricoperte da una cerata trasparente e tovaglioli di carta.


(I piatti industriali di via Zuretti, hanno ambizioni di locale più elegante, ma la forma non è detto che pregiudichi la sostanza, anche se la sostanza è forma, ma io ho fame per cui vedremo solo a posteriori se Aristotele ha ragione oppure no).


Gli venne incontro una signora morbida e paffutella coi capelli neri raccolti in un consistente chignon che sembrava uscita da uno dei quadri della mostra.


-Prego accomodateVi, siete quattro vero? Mi è rimasto libero solo il tavolo nell’angolo, il resto è prenotato da una comitiva di tedeschi, venuti qui da Vieste per la Mostra.


Mi dispiace non c’è molto da scegliere perché abbiamo approntato un menù turistico appositamente concepito per l’occasione.


Nel frattempo i nostri si erano seduti e guardavano con curiosità il cartoncino, scritto a mano, in una bella calligrafia d’altri tempi in cui campeggiava la scritta menù:


Antipasti della Marra caldi e freddi


Orecchiette alla de Nittis


Involtini Bois de Boulogne


Insalata Renoir


Sorbetto al Colosso.


Non fosse stato per quella stonatura relativa al Colosso, che però era anche il nome del locale, Augusto pensava che questa cena poteva essere il degno proseguimento di quella giornata così particolare.


I commensali commentavano divertiti i nomi dei piatti, ma a parte il vino della casa, un rosso a temperatura di cantina, che aveva decisamente rianimato i volti e le voci, grandissima fu la sorpresa quando si videro presentare da una parte un piatto ricolmo di bruschette e crostini di ogni tipo, in onore del gemellaggio franco-pugliese, impersonato dalla gloria locale, dall’altra udite,udite un carpaccio di pesce spada, da far invidia al più titolato dei sushi giapponesi.


-Perdonatemi, vengo da Bari anche io, disse piano la morbida, e in mezzo a tutta ‘sta Germania, ho pensato di farVi cosa gradita..


Augusto aveva già scordato tutti i suoi dispiaceri e si era buttato sugli antipasti, come del resto gli altri componenti del gruppo.


-E si dice che il rosso non va sul pesce, ma qui è tutto magnifico


Giovanni era un filo agitato, Augusto era riuscito a cogliere la sua agitazione dal tono della voce insolitamente elevato, ma lo incoraggiò


-Un trionfo del crudo..


Le orecchiette erano fatte a mano e condite con cozze sgusciate aglio e prezzemolo, una vera delizia…


Il secondo fu un’ulteriore sorpresa gli involtini non erano altro che filetti di orata ripieni di cardoncelli della Murgia trifolati.


Augusto si chiedeva se stesse sognando, se quella donna, la morbida, non fosse un angelo venuto da un paradiso dei golosi a lenire le pene dei commensali; e i capelli quei capelli che gli ricordavano tanto i capelli di sua madre in cui da piccolo amava perdersi per trovare tutto proprio tutto l’amore della sua mamma.


Insalata Renoir, era un misto di pomodori cetrioli e piccoli pezzi di peperoni gialli e rossi, conditi con l’olio un po’ pizzicorino che viene da Corato, un capolavoro del gusto.


Il sorbetto del colosso era un semplice sorbetto al limone, ma fatto in casa, il chè era il degno finale per una cena così gustativamente pirotecnica.


Augusto era esausto, Genny e Luca satolli, solo Giovanni non riusciva a trovare pace.

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